giovedì, gennaio 29, 2009

Sicurezza alimentare: un esempio di come si “manipolano” i dati

Nel post del 9 gennaio (20 giorni fa !!!) vi ho parlato del RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed), il sistema di allarme rapido relativo agli alimenti per garantire la sicurezza alimentare. Il sistema pubblica un bollettino settimanale ed un rapporto l’ultimo disponibile è quello del 2007.

L’altro ieri è stata diffusa la: RELAZIONE ANNUALE DEL PIANO PLURIENNALE NAZIONALE INTEGRATO DEI CONTROLLI UFFICIALI”.

La relazione riguarda l’attività di controllo svolta dalle autorità competenti e prevista da norme comunitarie e nazionali.

Insomma sono cose che si devono fare ed è ovvio che se si fanno bene tutto di guadagnato.

Ci sono comunque alcuni aspetti che vanno indagati e sui quali non c’è chiarezza, mi riferisco a cosa deve essere comunicato al RASFF quando si riscontra una non conformità del prodotto e cosa invece non si comunica.

È vero che anche in questo caso può valere il detto “i panni sporchi si lavano in casa propria” eppure perché del caso mozzarella alla diossina non c’è traccia nel RASFF? Altro caso del 2008 è quello dei prosciutti avariati e contaminati trovati in quel di Parma, anche di questo nessuna traccia nel RASFF.

Questi esempi per dire che non tutto è trasparente e chiaro.

La stampa ha diffuso in modo più o meno identico la nota stampa diffusa dal Ministero della salute nella quale si dice che gli italiani sono i controllori più minuziosi e capaci in quanto hanno il maggior numero di segnalazioni.

Se andate a leggere il rapporto RASFF le cose sono un po’ più articolate.

Il numero di casi che hanno riguardato provvedimenti per alimenti non conformi in Italia è stato nel 2007 di 75, è vero che siamo preceduti dai seguenti paesi europei, Polonia (77 casi), Francia (109 casi), Germania(122 casi) e Spagna (177 casi), ma è pur vero che tutti gli altri sono dietro in questa classifica di cose non buone.

E siccome non è ben chiaro cosa venga comunicato al RASFF dalle autorità italiane, vedi i casi eclatanti di cui sopra, questa classifica non è poi così a nostro favore.

C’è ancora molto da fare perché la tracciabilità e rintracciabilità per molti prodotti è possibile e si potrebbero fornire indicazioni preziose per orientare il consumatore.

Le tecnologie ci sono e potrebbero essere facilmente implementate.

Tutto questo darebbe però troppa “trasparenza” ad intere filiere ed allora è meglio il solito bla, bla e vantarsi di essere i primi della classe, l’importante è apparire, il fare lo lasciamo agli altri.