martedì, marzo 29, 2022

Chiedo a Papa Bergoglio: meglio “pazzi” ma liberi o “mentalmente normali” ma oppressi?.

Le parole pronunciate dal Papa e riportate dal tutti i media sono note. Ha definito “pazzi” i Capi di Stato che hanno ribadito l’impegno di destinare il 2% del PIL alle spese militari. Chiosando si potrebbe sottolineare che “spese militari” non vuol dire acquistare di armi ma creare un sistema di difesa efficiente ed efficace.

Ma perché questa frase Papa Francesco l’ha pronunciata solo ora?

Perché è stato zitto quando il patriarca di Mosca Kirill ha affermato che la guerra è giusta?

Guerra giusta contro un occidente corrotto e amorale, che riconosce pari diritti umani e civili agli individui LGBT.

Questo atteggiamento ambiguo del Pontefice che non mi convince.

Si parla molto di questa guerra dalle caratteristiche ottocentesche. La Russia ha concepito una vera e propria “campagna” di napoleonica memoria. Preparazione dell’esercito, avvicinamento alla frontiera, pretesto o ragione (difendere i cittadini russi in territori contesi), conquista territoriale, demoralizzare i civili con distruzioni e lutti. Ricordo che nella II° guerra mondiale la Germania dopo essersi annessa l’Austria e la Cecoslovacchia (Sudeti) in un solo anno occupò parte della Polonia (l’altra parte se la prese la Russia, mai più restituita dopo la guerra), Danimarca, Belgio, Olanda, 2/3 della Francia, Norvegia, Grecia.

Una guerra con occupazioni “lampo”, nulla di paragonabile a quello che facendo l’esercito Russo.

La Russia non vuole occupare l’Ucraina, ma la vuole conquistare, ovvero vuole che l’Ucraina dipenda in tutto e per tutto dal Cremlino, così come era ai tempi dell’URSS.

Se il papa non ha condannato il patriarca di Mosca Kirill vuol dire che tollera la conquista della Ucraina da parte della Russia.

Il Papa afferma che le nazioni devono trovare nuovi modi per risolvere le dispute e che le armi non risolvono il problema, siamo d’accordo. Non dobbiamo cioè armarci per dissuadere.

In questo momento però una nazione, la Russia, ha deciso che il proprio futuro dipende dalla forza delle proprie armate sul campo di battaglia e il Papa doveva mostrarsi indignato sia per le affermazioni di Kirill sia di quelle dei Capi di Stato UE e NATO.

martedì, marzo 15, 2022

PPP – pane, pasta e pizza: dobbiamo preoccuparci per la mancanza di cereali da Russia e Ucraina?

La risposta razionale sta nei dati. L’Ismea (Istituto servizi mercato agricolo alimentare) ha pubblicato il 9 marzo 2022 un breve rapporto dal titolo Dinamiche fondamentali dei cereali e situazione degli scambi commerciali con Ucraina e Russia. Potete consultarlo al link https://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11703.

Per chi non si vuole leggere il rapporto di 11 pagine completo di facili tabelle esplicative e di grafici, sintetizzo.

Importazione di grano duro, quello che ci serve per fare la pasta, da Russia e Ucraina, quantità irrisorie, poche tonnellate. Per informazione, la produzione di grano duro in Italia nel 2021 è stata di poco più di 4 milioni di tonnellate.

Importazione grano tenero, quello per fare pane, pasta (all’uovo) e pizza, da Russia praticamente nulla, mentre dall’Ucraina importiamo poco più del 3% di tutto il frumento importato (ca. 122 mila tonnellate). La maggior parte di frumento tenero che ci serve lo importiamo dai paesi della UE. È preoccupante la possibile restrizione operata dalla Ungheria da cui importiamo il 26% di tutto il frumento che ci serve. Ritengo però che il possibile “blocco” delle esportazioni per ragioni economiche sia illegittimo quindi assai difficile da attuare.

Importazione di mais, più che per la polenta il mais ci serve per nutrire gli animali. Per questo cereale la situazione è più preoccupante. Consumiamo poco più di 10,5 milioni di tonnellate di mais all’anno, produciamo ca. 6 milioni di tonnellate e ne importiamo 4,5 milioni di tonnellate. Le importazioni di mais dalla Ucraina ammontano a 600 mila tonnellate ca. il 13% del totale delle importazioni e il 6% del nostro fabbisogno.

Nella tarda primavera dell’anno scorso, quando la pandemia rallentava vistosamente e le campagne vaccinali incominciavano a dare i primi significativi risultati, è iniziata una robusta ripresa di tutte le attività economiche. Bene, tutti felici e contenti, ma proprio in quel momento è incominciato un deciso rialzo dei noli per il trasposto delle merci, subito dopo è iniziato l’aumento dei prezzi di alcune materie prime come alcuni metalli, il petrolio, un poi il gas.

Le ragioni di questi aumenti erano sostanzialmente dovuti ad un aumento della domanda, impreviste, dopo tanto blocco da pandemia.

Dopo l’estate la situazione peggiora, l’aumento interessa tutte le materie prime. La ripresa della pandemia in novembre non ha nessun effetto su questa situazione e l’aumento dei prezzi delle principali commodity diventa esponenziale.

Tra le materie prime ci sono anche i cereali e le proteoleaginose (colture come girasole, soia, colza, ecc..dalle quali si ottiene olio vegetale), il prezzo arriva a livelli quasi mai visti.

Nei mercati quando si verifica un aumento repentino della domanda è normale un aumento dei prezzi, ma quando il prezzo raddoppia o triplica o come per il gas decupla, o giù di lì, allora vuol dire che c’è qualche cosa di anomalo e preoccupante. Anche l’attuale e triste contesto bellico non giustifica un tale aandamento.

Da questa situazione traggo due considerazioni / valutazioni.

La prima. È assolutamente necessario contrastare questa ondata speculativa.

Vi ricordo che l’attuale situazione dei mercati dei prodotti agricoli, è simile a quella del 2008 (leggi il mio post http://www.nuovaetica.info/2008/04/la-crisi-alimentare.html) anche se in un contesto completamente diverso.

L’ampia disponibilità di capitali finanziari che gli Stati hanno messo a disposizione per contrastare la pandemia può essere una delle ragioni di quanto sta succedendo. Non tutti i soldi “prestati” sono, al momento, andati a buon fine. Inizialmente ne hanno goduto le borse. Ora, c’è stato uno spostamento sulle materie prime. Occorre capire chi e come sta facendo “incetta” di materie prime con l’obiettivo di generare l’attuale contesto. Più c’è aspettativa al rialzo e più i grandi operatori sono poco propensi a immettere i prodotti sul mercato. In questi momenti l’avidità domina i mercati, fare grandi profitti con poca fatica, dopo la crisi pandemica, è un comportamento diffuso. Io non credo al “grande burattinaio” quanto a un atteggiamento diffuso e purtroppo condiviso.

Per evitare che ci siano troppi capitali a disposizione degli speculatori è necessario incentivare gli investimenti sia per i “grandi” che per i “piccoli”. Non faccio riferimento agli ennesimi “bonus fiscali” ma diminuendo burocrazia e vincoli per tutti.

La seconda. Negli ultimi 40 anni, in Italia, la superficie agricola destinata alle coltivazioni è diminuita del 26% perché non è conveniente coltivarla. (leggi: http://www.nuovaetica.info/p/informazioni-agrarie.html)

Questo aumento dei prezzi potrebbe rendere nuovamente vantaggioso mettere a coltura cerealicola terreni attualemnte non coltivati. Se gli aumenti si stabilizzano, non ai livelli attuali, ma ad un più 15-20% di quelli medi degli anni precedenti molto probabilmente la nostra dipendenza dall’estero potrebbe ridursi.

Molto più vantaggioso, da un punto di vista economico, è migliorare la produttività. Non ci facciamo ingannare dai falsi miti naturistici rappresentati da presunti aspetti salutistici dei grani antichi tipo “Senatore Cappelli” scarsamente produttivi.

Riflettiamo anche sulla coltivazione “biologica”. È risaputo che le rese sono inferiori e da un punto di vista nutrizionale il prodotto biologico è identico a quello convenzionale.

Ridurre le produzioni e quindi il grado di approvvigionamento non è una strategia da perseguire in questo momento.

La situazione bellica ci ha fatto comprendere che è bene dotarsi di adeguate scorte “strategiche”. Queste ultime non si realizzano in tempi brevi ed inoltre conservare ad esempio i cereali è costoso. Le politiche agricole della UE destinano grandi risorse per integrare il reddito degli agricoltori. Se i prezzi aumentano migliora anche la redditivtà delle imprese agricole, si potrebbe allora destinare parte dei fondi UE alla costituzione di scorte adeguate senza ulteriori oneri.

Maggiori scorte varrebbe dire anche riuscire a stabilizzare i mercati.


domenica, marzo 06, 2022

Putin il “conquistatore”: un pezzente !

Le guerre si iniziano con vari pretesti. Raramente il casus belli è motivato da ragioni che si riferiscono ai valori inalienabili dei diritti delle persone, ma non voglio addentrarmi in una analisi che sarebbe troppo lunga e non finalizzata agli attuali drammatici eventi.

L’attuale invasione, del preponderante esercito Russo, della Ucraina è da condannare senza se e senza ma.

Mi chiedo quali sono i motivi che hanno portato Putin ad una azione così folle.

Voglio riportare una semplice analisi economica che forse mette in evidenza le ragioni economiche della guerra.

I dati della World Bank sono molto utili per analisi comparative. Nella analisi tutti i valori sono riferiti al dollaro in valori costanti 2010.

Come evidenziato dalla tabella 1 nel 2019 (anno pre-pandemia) il PIL della Russia è pari a poco meno di 1.460 Mrd (miliardi) di dollari. Quindi ben lontano dagli oltre 13.000 Mrd della UE, o dagli oltre 19.000 Mrd degli USA. Il PIL dell’Italia, nel 2019, è pari a 1.915 Mrd di dollari quindi ben superiore a quello della Russia.

Anche come reddito pro-capite le cose sono abbastanza critiche, quello della Russia è un sesto di quello USA e un terzo della UE a 27 (Regno Unito escluso).

I dati relativi al 2020 mettono in evidenzia le conseguenze globali della pandemia. Le variazioni anno 2020 su 2019 sono riportate nella tabella 2 e come si può leggere ci sono due eccezioni. La prima è rappresentata dalla Lituania il cui PIL diminuisce di solo 0,1%; la seconda riguarda l’Italia che con un calo del PIL dell’8,9% guida la triste classifica del maggiore calo tra i paesi analizzati.

Analizzando l’andamento del PIL nel periodo 2000 – 2019 è si evidenzia come i 9 paesi appartenenti all’ex “Patto di Varsavia” e quindi di fatto soggiogati alla politica economica sovietica hanno saputo riscattarsi con risultati economici incredibili. (vedi tabella 2).

Solo repubblica Ceca e Ungheria registrano un incremento del PIL inferiore alla Russia.


Nel 2019 il PIL totale dei 9 paesi usciti dalla sfera sovietica hanno un PIL pari a poco più di 1.400 Mrd che sarebbe il 97% del PIL russo. La popolazione di questi 9 paesi è di 96 Mln quindi i due terzi di quella russa.

Il disegno imperialistico di Putin è abbastanza chiaro, e i dati economici lo dimostrano. Ricostruire la grande area di influenza economica a cui la Russia è stata costretta a rinunciare con il crollo del regime sovietico.

Putin colpevolizza i paesi suoi vicini per aver aderito al sistema difensivo NATO, in realtà quello che più teme si riferisce ai massicci investimenti che l’Europa ha deciso nell’ambito delle energie rinnovabili. Se diventiamo meno dipendenti dal gas russo la sua economia ne risentirebbe enormemente.

Gettare scompiglio, paura e caos può essere molto vantaggioso.

Il contesto economico attuale sta condannando la Russia ad un ruolo secondario e Putin vuole ribaltare questo stato di cose ricorrendo alla forza e alle armi del suo enorme arsenale militare.

L’economia russa non può permettersi né una guerra di lunga durata ne una guerra su di uno scenario globale.

Le attuali sanzioni, ma soprattutto una accelerazione negli investimenti energetici potrebbero rappresentare una risposta adeguata.

Putin vuole fare con l’occidente come il gatto con il topo. Farci “morire” lentamente dopo una serie di cinici “tira e molla”.

Lo sappiamo e allora mettiamo in campo, per evitare la terza guerra mondiale, le strategie del topo. Fingiamoci “morti” non esacerbiamo il conflitto con riferimenti ai valori democratici che ci contraddistinguono, ma rimbocchiamoci le maniche per dimezzare in 3-5 anni il nostro deficit energetico e in 10 anni arrivare alla autosufficienza energetica, nel 2030 a Putin non rimarranno che armi spuntate.