sabato, maggio 22, 2021

Origine e cause della povertà delle nazioni. - Premessa

L’origine e le cause della povertà delle nazioni sono: la corruzione, sia pubblica che privata; le ingiustizie, dovute sia alla inefficienza del sistema giudiziario sia a leggi inique; le imposte e le tasse.

Il recente dibattito sulla proposta del Segretario del PD Letta di ripristinare la tassa di successione per i patrimoni che ammontano a più di un milione di euro mi ha “stimolato” in questa riflessione sulle imposte e tasse come causa della povertà di una nazione.

La fiscalità distingue le imposte dalle tasse. In pratica sono sempre soldi che i cittadini devono versare allo stato o alla pubblica amministrazione. Con i soldi che lo stato incassa con le imposte ci fa quello che vuole. Ad esempio finanzia la costruzione di opere pubbliche, ci paga l’istruzione, la ricerca, l’esercito ecc.. Quando si paga una tassa invece i soldi servono per pagare un servizio specifico, cosi sono le tasse universitarie, lo studente iscritto paga una tassa per pagare in tutto o in parte il servizio che riceve. Sono tasse quelle che paghiamo per lo smaltimento dei rifiuti, di esempi ce ne sono tanti.

Distinguere le imposte dalle tasse è importante purtroppo usiamo spesso i due termini come sinonimi.

La proposta di Enrico Letta fa riferimento alla tassa di successione, infatti la destinazione del gettito fiscale, derivato da tale entrata, consiste in una “dote” di 10.000 euro per i diciottenni o almeno ad una grande maggioranza di loro. Questa tassa avrebbe pertanto l’obiettivo di ridistribuire una certa quantità di ricchezza sulla base del principio solidaristico previsto, in costituzione, dal nostro sistema fiscale. Chi più ha più paga ed inoltre al fine di garantire benessere e felicità deve operare una redistribuzione della ricchezza e ciò avviene con un sistema complesso di leggi che possiamo genericamente definire welfare. Si va dalle pensioni di invalidità alla cassa integrazione e via di questo passo.

È possibile chiedersi, sulla base degli esempi fatti in precedenza, se le tasse sono più giuste delle imposte?.

Per possedere un certo bene ogni individuo è disposto a scambiarlo con una certa quantità di moneta, quindi appare logico che se lo stato o un qualsiasi ente pubblico mi fornisce un servizio specifico posso anche essere disposto a corrispondere un certo importo. L’importo della tassa è in ogni caso fissato da norme e ha valore coattivo,  mentre nel caso di una relazione tra individui il passaggio del bene o la fornitura di un servizio avviene sulla base dello scambio che si basa sull’utilità che l’individuo trae dal bene o dal servizio.

Più difficile da digerire è l’imposta. Se vado in banca per un prestito di 100.000 euro, la prima domanda che mi fa il funzionario è: “ma con questi soldi che cosa ci vuole fare?”. Alla domanda devo dare risposte certe, tipo i soldi mi servono per comprare casa, oppure devo comprare un macchinario nuovo per la mia fabbrica che mi permette di produrre meglio e a più basso costo. Se la mia risposta è generica, ovvero: “dammi i soldi che poi ci penserò”, potete ben immaginare la risposta del funzionario.

Lo stato quando ci chiede soldi per pagare le imposte non ha le idee molto chiare su come e dove spende i soldi, sa solo che gli servono. Ha una lista talmente lunga di impegni di spesa che li deve destinare un po' qui e un po' li ed inoltre non gli bastano mai perché più incassa e più spende. 

giovedì, maggio 13, 2021

La responsabilità di chi non si vaccina: allunga i tempi dell'emergenza sanitaria ed economica

I dati sulla diffusione della pandemia in Italia sono incoraggianti, contagio in calo, vaccinazioni in aumento e di conseguenza si auspica un più rapido ritorno alla normalità dando la possibilità di far ripartire tutte quelle attività che sono state chiuse dalla ristorazione alle palestre, dai cinema ai teatri.

Analizzando gli stessi dati con occhio “prudente” si devono comunque trarre alcune valutazioni e considerazioni.

L’ISS (istituto Superiore di Sanità) pubblica quotidianamente un report giornaliero che si chiama COVID-19 ISS open data. In un file di Excel vengono riportati tutti i dati che riguardano la diffusione della pandemia. Un foglio di questo file riporta lo “stato clinico” di coloro che alla data della rilevazione sono ancora malati di COVID-19. I malati sono classificati in ragione di 5 possibili stati clinici: asintomatico; lieve; pauci-sintomatico; severo e critico. Genere e classe di età del malato. La rilevazione è giornaliera e riguarda il totale nazionale, ovvero i dati non riportano il numero di malati per regione.

Dal 9 gennaio del 2021 ho “copiato” tutti i giorni i dati relativi ai malati di COVID-19, quindi dispongo di una serie temporale abbastanza interessante.

I dati presentano differenze da giorno a giorno forse dovute alle modalità nella raccolta di tutte le informazioni che giungono da tutte le parti d’Italia. Al fine di ridurre la variabilità casuale giornaliera è stata effettuata una media mobile di sette giorni. Le elaborazioni che verranno presentate si basano quindi su una serie di dati a partire dal 26 gennaio 2021 (media delle prime sette osservazioni), a seguire ogni osservazione giornaliera corrisponde alla media dei 7 giorni precedenti.

Ritengo che l’informazione sullo “stato clinico” è molto indicativa perché ci permette di analizzare l’evoluzione della malattia e la sua sintomatologia. Più malati in condizioni “severe” e/o “critiche” ci sono e maggiori saranno le misure di contenimento.

I numeri assoluti sono importanti, ma per orientare i provvedimenti futuri è utile analizzare le variazioni giornaliere sulle osservazioni effettuate.

I grafici elaborati si riferiscono sulla variazione percentuale tra due osservazioni.

Ad esempio l’11 maggio 2021 la media del totale dei casi osservati nei 7 giorni precedenti è pari a 614.502, mentre il giorno 10 maggio la media è pari a 614.612. Il calo dei casi osservati è stato pari allo 0,02%. Questo tipo di elaborazione è stato fatto per tutte le classi di età e per tutti gli stati clinici.

Il grafico 1 mostra l’andamento delle variazioni percentuali di tutti gli stati clinici per le classi di età considerate. (Tutte le elaborazioni sono state fatte sui dati dell'ISS)


Alcune considerazioni

Le variazioni presentano andamenti simili per tutte le classi di età

Dopo le restrizioni natalizie i successivi provvedimenti di allentamento hanno provocato una immediata ripresa della diffusione della malattia, da variazioni negative siamo passati rapidamente a variazioni positive (senza dubbio la diffusione delle nuove varianti ha influenzato questo dato).

La vaccinazione degli anziani ha avuto effetto, però i risultati si vedono in tempi abbastanza lunghi, almeno 2-3 mesi.

Nei primi giorni di gennaio del 2021 lo stato clinico si riferiva al oltre 740.000 malati, a metà febbraio (19-02-21) i malati sono poco più 525.000, ma subito dopo la variazione giornaliera da negativa diventa positiva. Nel grafico si evidenzia il picco degli incrementi, è senza dubbio la fase più critica di quella che è stata definita la “terza ondata”.

A questa ondata seguono i nuovi provvedimenti restrittivi e poco dopo gli effetti si vedono infatti gli incrementi decrescono.

Le elaborazioni mostrano poche differenze tra le classi di età. Ritengo che questo aspetto sia importante perché mette in evidenza che il virus colpisce tutte le classi ma la malattia si manifesta in modo differente sulla base dell’età. In termini percentuali gli anziani (over 79) sono relativamente pochi (grafico 2, tra l’8 e il 6%). 


Quelli che presentano uno stato clinico critico o severo (grafico 3) variano tra il 14 e il 17 %, sono numericamente pochi ma purtroppo sono anche per i quali si registra una elevata mortalità. Sono quelli che alimentano il triste bollettino quotidiano che si aggira attorno ai 300 morti al giorno.


Nella classe 50-79 i malati che presentano uno stato clinico critico o severo rappresentano un modesto 6-7%, (grafico 4) per le classi di età sotto i 50 anni la situazione è ancora migliore in quanto la percentuale di malati con stato clinico critico o severo si aggira attorno ad un modesto 1% (grafico 5).


Al momento la riduzione della percentuale di malati è piuttosto lenta. È comunque un elemento positivo senza dubbio dovuto all’effetto combinato delle vaccinazioni e delle precedenti restrizioni.

L’effetto positivo della vaccinazione si può osservare analizzando i numeri di coloro con stato clinico severo e critico. (vedi grafico 6). All’inizio dell’anno gli anziani (over 79) rappresentavano il 30% di questi malati mentre oggi sono solo il 22%. Al contrario è aumentata la percentuale di malati nella classe 50-79.


Dai dati che ho analizzato si può concludere che questa situazione di emergenza sanitaria non è affatto finita attualmente ci sono in Italia quasi 600.000 malati. Il virus continua ad essere presente e siccome non si riesce a fare un tracciamento efficace l’unica cosa sulla quale puntare è la vaccinazione, cosa appunto che si sta facendo.

Coloro che rifiutano la vaccinazione sono degli irresponsabili perché, e i numeri lo dimostrano, provocano l’allungamento di questo stato emergenziale con le conseguenze economiche che ben conosciamo.