Il “fenomeno” latte crudo rappresenta uno di quei casi che ci fa capire come nel nostro paese non si riesca a programmare e realizzare iniziative in modo compito dall’A alla Z. Ci sono sempre aspetti che rimangono indefiniti e per i quali si deve improvvisare oppure trovare rimedi che poi non sono coerenti con il progetto iniziale. La mancanza di una mentalità progettuale mette in evidenza l’assenza di normali strumenti di monitoraggio al fine di generare feedback utili al conseguimento degli obiettivi fissati.
Sono state emanate norme in materia di vendita diretta li latte crudo.
L’allevatore che intendente installare un distributore del latte deve fare domanda all’USL competente per territorio. Un altro regolamento Comunitario prevede un “registro” per tutte le imprese che commercializzano direttamente prodotti alimentari (Reg. CE 852/2004).
Utilizzando l’obbligo di detta registrazione e con un minimo di coordinamento sarebbe stato possibile realizzare il monitoraggio dei distributori, della vendita e commercializzazione del latte crudo.
Si tenga presente che la “Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato e le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano” nel provvedimento del 6 febbraio 2006 scrive:
”La registrazione si deve basare su di un sistema informativo efficiente, consultabile ed aggiornato in tempo reale. Poiché i dati riferiti alle singole industrie devono essere raccolti in modo omogeneo sul territorio nazionale, nell'allegato A vengono elencati i dati minimi da registrare.”
Attualmente solo il sito.http://www.milkmaps.com/ ci dà una dimensione del fenomeno. Come al solito la norma è corretta ma non trova reale applicazione.
I Regolamenti (CE) n. 852/2004 e 853/2004, prevedono la vendita diretta dei prodotti agricoli quando questa si riferisce a "piccoli quantitativi".
La normativa italiana definisce “piccoli quantitativi produttivi di prodotti primari ” la cessione occasionale e su richiesta del consumatore finale o dell'esercente un esercizio al commercio al dettaglio, di prodotti primari ottenuti nell'azienda stessa, a condizione che tale attività sia marginale rispetto all'attività principale.”.
Detto questo formulo due quesiti:
· Se un allevatore vende il 20 o il 30% del latte prodotto come vendita diretta di latte crudo la norma sopra citata è rispettata?
· La norma italiana definisce i “piccoli quantitativi” come un rapporto rispetto all’attività principale, ma per un allevamento di 300 capi in lattazione vendere il 10% del latte prodotto ogni giorno vuol dire immettere sul mercato quotidianamente ca. 1200 litri di latte. È possibile considerare 1200 litri di latte al giorno una “piccola quantità”?.
La “filiera” del latte crudo si è formata in questi ultimi 2 anni possibile che le rilevazioni statistiche sul latte raccolto e sulla destinazione del latte non rilevano nulla di quanto sta avvenendo?
Ho consultato la fonte Eurostat e nulla appare.
Nel 2006 e nel 2007 la vendite dirette di latte crudo sono identiche (105.630 tonnellate di latte) in deciso calo rispetto all’anno 2005 (288.800 tonnellate). Questi dati sono senza dubbio calcolati sulla base di coefficienti fissi perché il dato del 2005 è identico per un quinquennio a partire dal 2001.
Ho stimato che la vendita di latte crudo potrebbe aggirarsi sulle 70 mila tonnellate all’anno possibile che nessuna rilevazione statistica registri tale fenomeno?
Coloro che in questo momento hanno a cuore questa interessante iniziativa dovrebbero dare organicità e progettualità a tutto quanto si sta facendo senza polemizzare con questo o quel gruppo industriale ma dando dimostrazione di saper fare le cose “per bene” nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.