Il “Piano produttivo” del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano, un sistema ingegnoso e discutibile per finanziarsi

Premessa

I piani produttivi del latte destinato alla produzione del formaggio Parmigiano Reggiano sono redatti sulla base dell’art. 150 del Regolamento UE 1308/2013 e del Decreto 1813 del 15 febbraio 2019

I “piani produttivi” hanno i seguenti obiettivi:

1.      Controllo dell’offerta di latte destinato alla produzione del formaggio Parmigiano Reggiano (PR)

2.      Reperire risorse finanziarie da utilizzare per promuovere sia il consumo sia la qualità del formaggio.

Per conseguire gli obiettivi del Piano Produttivo il CPR fissa il cosiddetto punto di equilibrio comprensoriale (PEC), che rappresenta l’ammontare della produzione di latte (offerta) considerata in equilibrio con la domanda di formaggio (latte trasformato in formaggio). Se la quantità di latte prodotto nel comprensorio destinato alla produzione del PR è al di sotto del PEC non vengono riscosse dai produttori le risorse di cui al precedente punto 2.

 

Le “quote latte” nel comprensorio del formaggio Parmigiano Reggiano DOP

Nel 2015 cessa, nell’Unione Europea, il regime delle famigerate “quote latte”. Il sistema anche se tanto vituperato e osteggiato trova nella dirigenza del CPR una modalità concreta per un efficace controllo dell’offerta onde evitare le crisi cicliche che affiggono da tempo la filiera del formaggio Parmigiano Reggiano.

Il CPR ha introdotto un sistema di quote, molto simile a quello abrogato dalla UE nel 2015 con cinque differenze sostanziali:

1.  Il quantitativo globale di riferimento con il nome “innovativo” di Punto di equilibrio comprensoriale (PEC) viene fissato al di sotto della effettiva produzione di latte. In questo modo il superamento del PEC è praticamente strutturale.

2.      Il quantitativo globale di latte (PEC) è ripartito sulla base dei conferimenti di latte dei singoli caseifici, che a loro volta lo ripartiscono al singolo produttore. Il quantitativo assegnato a ogni singolo produttore viene indicato come Quota Latte Parmigiano Reggiano (QLPR). E’ prevista la compensazione a livello di caseificio.

3.      Chi supera la QLPR è obbligato al versamento di una contribuzione aggiuntiva. I produttori che superano la propria QLPR sono suddivisi in due categorie: quelli la cui produzione è pari o maggiore al 20% rispetto alla QLPR sono tenuti al versamento di una contribuzione aggiuntiva maggiorata, questi produttori vengono denominati grandi splafonatori; tutti gli altri produttori che superano la QLPR vengono denominati semplicemente splafonatori.

4.      Come previsto dal Decreto Ministeriale il sistema di “quote latte” è approvato e deliberato dalla maggioranza qualificata dei 2/3 dei produttori che devono conferire almeno i 2/3 di tutto il latte destinato alla produzione del formaggio. Si può pertanto concludere che questo sistema è volontario perché scelto dagli allevatori.

5.      Il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha l’esclusiva nella attività di gestione del sistema delle QLPR e pertanto detiene il completo controllo su tutto il sistema.

Il primo Piano produttivo è stato adottato nel triennio 2014-2016, i successivi sono stati adottati nei trienni 2017-2019, 2020-2022 (attualmente in vigore), mentre è in fase di discussione il piano per il triennio 2023-2025.

Come annotazione si precisa che l’art. 150 del Regolamento UE 1308/2013 prevede che: “… gli Stati membri possono stabilire, per un periodo di tempo limitato, norme vincolanti per la regolazione dell'offerta di formaggio che beneficia di una denominazione di origine protetta….”. Un periodo di oltre 10 anni può considerarsi tempo limitato ?! Per il buon senso la risposta è no, siccome il legislatore comunitario non ha definito il concetto di tempo limitato per gli amministratori del CPR, con l’avvallo ministeriale, questa forma vincolante di fatto diventa strutturale senza alcun vincolo temporale.

Al momento è in vigore il secondo Piano produttivo 2020-2022, il PEC è pari a 1,823 mil di ton. di latte.

Per gli splafonatori la contribuzione aggiuntiva è pari a € 18,00 per q,le di latte, mentre per i grandi splafonatori la contribuzione è di € 30,00 per q.le di latte.

Questa lunga premessa è necessaria per comprendere quanto sta succedendo nel comprensorio del PR e valutare le proposte del Piano produttivo 2023-2025.

Utilizzando i dati produttivi pubblicati sul sito del CPR è possibile stimare, per il 2021, una produzione di latte destinato a PR pari a 2,100 mil di ton. che corrisponde ad un aumento del 5% rispetto al 2020.

Tenuto conto del PEC la contribuzione aggiuntiva si dovrà applicare a ben 277.000 ton. di latte. Considerate tutte le modalità con cui si dovranno calcolare le contribuzioni aggiuntive è possibile stimare una entrata per il CPR di almeno 40 milioni di euro. Si tratta di un dato decisamente superiore a quanto riportato nel bilancio di previsione 2021 del CPR che quantificava in 24 milioni di euro l’ammontare della contribuzione aggiuntiva.

Il prezzo del formaggio, particolarmente vantaggioso, determina un aumento produttivo e gli allevatori vogliono evitare di splafonare per una quantità di latte superiore o uguale al 20% (diventerebbero grandi splafonatori) e di conseguenza hanno fatto “incetta” di quote. La crescita della domanda di QLPR ha determinato un aumento del prezzo delle stesse. Il sito del CPR riporta che nel mese di settembre il prezzo medio delle quote è pari a € 121,03 per q.le di latte.

Questo è solo uno degli effetti economici distorsivi del sistema di controllo dell’offerta basato su quote di produzione.

Di seguito si illustrano 20 effetti distorsivi.

 

Ragioni per cui i piani produttivi sono iniqui da un punto di vista economico

         i.          Il piano è strumento di regolazione dell’offerta ma al tempo stesso contempla strumenti di stimolo alla domanda. Ciò rappresenta una contraddizione perché non è possibile incentivare i consumi e contemporaneamente contrastare l’offerta così si accentua la già evidente asimmetria del mercato.

  ii.   Il piano ha l’obiettivo di ridurre l’offerta nel tempo X1, ma sappiamo bene che la commercializzazione del formaggio prodotto in X1 avviene a partire dal tempo X1 + 18 mesi, quindi i produttori di latte anticipano rilevanti somme di danaro per attività pubblicitarie del presente mentre queste dovrebbero servire quanto il formaggio è idoneo alla vendita.

            

   iii.   La produzione di formaggio è relazionata alla produzione di latte in modo lineare. Il regolamento di applicazione del piano di produzione del Parmigiano Reggiano prevede che il rapporto latte / formaggio sia di lt 523 di latte per una forma di 40.5 kg. (vedi pag. 22 del piano 2020-2022). La produzione di equilibrio comprensoriale (PEC) è riferita al latte tenuto conto della relazione lineare senza un preciso riferimento alla domanda di formaggio.

        iv.        I dati presentati dal piano sulla domanda di formaggio non considerano:

a.      La durata della stagionatura e la relativa incidenza sulle scorte in magazzino.

b.     La reale resa latte / formaggio del singolo caseificio.

c.      Le diverse categorie commerciali / qualitative del formaggio (forme sbiancate, non scelte, ecc..)

        v.           Il piano sottolinea che l’aumento di produzione può andare a discapito della qualità del prodotto, ma ciò non può essere. La qualità del formaggio è condizionata da molti fattori. I principali sono le caratteristiche del latte, l’attenzione del casaro nel processo di produzione e le condizioni di stagionatura. Detto ciò la qualità del formaggio non è certo condizionata dalla quantità totale di latte prodotto.

  vi.   Come già evidenziato il PEC è fissato dal Consorzio ad un livello inferiore della produzione effettiva di latte destinata a Parmigiano Reggiano pertanto la contribuzione aggiuntiva viene definita a priori, durante l’annata verrà definito solo l’ammontare totale della contribuzione e chi dovrà contribuire. Se la produzione fosse distribuita in modo omogeneo da un punto di vista teorico tutti i produttori sarebbe tenuti a versare la contribuzione aggiuntiva, ma ciò non accade.

    vii.  Tenuto conto che la contribuzione aggiuntiva viene determinata sulla base del latte prodotto in eccedenza e non sul formaggio realmente prodotto al fine di ridurne l’effettiva incidenza sui costi i caseifici sono indotti a migliorare la resa latte / formaggio (produrre più formaggio con la stessa quantità di latte. È noto che le rese si migliorano con lavorazioni “grasse”. Questo tipo di formaggio se destinato alla grattugia si presta a stagionature prolungate. Si ritiene che questa sia la ragione per cui in questi ultimi anni si auspica e si sostengono, con finanziamenti specifici, allungamenti nella stagionatura (36 – 48 mesi).

        viii.   Il piano determina forti disuguaglianze tra produttori, pochi pagano e i benefici sono per tutti.

       ix. Se la produzione di latte viene superata per un quantitativo di oltre il 20% rispetto al quantitativo di riferimento il produttore viene considerato “grande splafonatore” ed è sottoposto ad uno specifico regime di contribuzione. Questo aspetto mette in ulteriore evidenza il ruolo “sanzionatorio” che assume la contribuzione aggiuntiva. Si tratta quindi di una palese discriminazione tra produttori.

     x.    Le campagne promozionali sono finanziate da coloro che devono pagare la contribuzione aggiuntiva. Nella fase attuale il mercato mostra evidenti segnali di tipo espansivo e non vi è alcuna prova che ciò sia dovuto alle campagne stesse. Si supponga il verificarsi di riduzione della domanda, ciò si ripercuoterebbe sulla produzione (con un calo) e di conseguenza diminuirebbe pure la contribuzione aggiuntiva. Verrebbero quindi a ridursi le risorse necessarie per la promozione del prodotto proprio quando ce ne più bisogno.

      xi.  Nelle proposte formulate è prevista la costituzione di un fondo per eventuali crisi. La dotazione del fondo è irrisoria così come l’ipotesi di ritiro temporaneo del prodotto non può essere considerato come strumento di natura strutturale. Risolve una emergenza di breve periodo.

      xii.  Il regime delle “quote latte” regolamentato dalla UE prevedeva che il prelievo o super-prelievo era fissato come percentuale del prezzo indicativo in questo modo il produttore, in caso di superamento del quantitativo individuale di riferimento, subiva una riduzione diretta dell’incasso e quindi una riduzione dell’entrate.

         xiii.  Nella fattispecie delle QLPR, la contribuzione aggiuntiva è una componente del costo di produzione e pertanto, in presenza di un andamento favorevole delle quotazioni del formaggio, il produttore è indotto ad aumentare la produzione di latte di una quantità più che proporzionalmente per coprire i maggiori costi fissi sostenuti. Questa è la ragione per cui si constata il continuo e progressivo aumento della produzione nei grandi allevamenti mentre quelli di più contenute dimensioni che hanno costi marginali elevati sono indotti cedere le proprie QLPR.

         xiv.  Il continuo aumento della produzione stimola la domanda di quote e se queste sono scarsamente disponibili il loro prezzo / valore tende ad aumentare. Le recenti quotazioni sono in linea con quanto affermato.

           xv.     In tutte le produzioni che utilizzano come strumento di controllo dell’offerta un sistema di “quote” si origina una rendita di “posizione” (vedi principio teorico della rendita ricardiana). Il “diritto a produrre” è un bene immateriale “scarso” la cui valutazione non sfugge alle dinamiche del mercato. È noto come, soprattutto in agricoltura, le aziende si evolvono, si ristrutturano, ecc.. e per le ragioni esposte nel paragrafo precedente tendono ad aumentare la produzione. Ne consegue che la domanda di “quote” diventa indispensabile e pertanto l’imprenditore, soprattutto in momenti congiunturali favorevoli, è disposto ad assumersi l’onere dell’acquisto della quota  a valori marginali crescenti.

         xvi.  Le QLPR sono capitali immateriali pertanto soggetti a valutazione. Quanto valgono le quote? Rispondere al quesito non è semplice dato che gli importi relativi alla contribuzione aggiuntiva sono differenti. Per gli splafonatori. Il valore minimo di una QLPR equivale all’ammontare della contribuzione aggiuntiva di € 18,00 e di € 30,00 per i “grandi splafonatori”. Per determinare il valore massimo la stima diventa più complessa perché si deve fare riferimento alla singola situazioni aziendale. Ogni azienda ha una sua funzione di produzione e pertanto l’ammontare dell’utile di esercizio si differenzia da azienda ad azienda. Il valore massimo è dato dalla differenza tra l’utile conseguibile con l’acquisto di quote e l’utile ottenibile senza l’acquisto. Per una corretta determinazione di dovrebbe tener conto della durata temporale da attribuire alle quote al fine di capitalizzare la differenza degli utili. Attualmente il valore delle quote viene espresso dal prezzo di mercato senza tener conto della durata complessiva dei Piani Regolamentazione dell’offerta, e questa è la ragione della difficoltà della determinazione del prezzo massimo al quale acquistare le QLPR.

    xvii. Da alcune valutazioni fatte dai responsabili del Consorzio viene ritenuta equa una valutazione tra 0,90 e 1,00 euro per kg di latte. Il valore totale delle QLPR può pertanto stimarsi in 1,823 miliardi di euro. Il 150% del valore di tutto il latte prodotto in un anno. In questo contesto i produttori si sono improvvisamente arricchiti. Una ricchezza che si basa sui titolo delle quote (bene immateriale), quest’ultima può anche rimanere tale oppure diventare oggetto di transazioni economiche con le seguenti conseguenze:

a.      Per i piccoli produttori si tratta di una “buon’uscita” insperata. È il momento di vendere. Un allevatore con 30-40 vacche con una produzione di 3.000-4.000 q,li di latte può ricavare oltre € 400.000 solo dalla vendita delle QLPR. Una tentazione troppo allettante soprattutto se non ci sono successori nella conduzione dell’allevamento. Chiudere la stalla è un buon affare.

b.     Per i piccoli allevatori è costoso aumentare la dimensione della mandria, in quanto l’aumento di produzione può attuarsi solo se si comprano quote. Si tenga presente che quelle a disposizione a prezzi calmierati sono sempre calcolate sulle produzioni pregresse.

c.      In una eventuale successione ereditaria nel calcolo del patrimonio si dovranno conteggiare anche le QLPR, il criterio corretto della valutazione è quello relativo alle quotazioni di mercato. Considerato il loro ammontare è facile supporre le rilevanti difficoltà, con possibili ripercussioni giudiziarie, per stabilire l’ammontare delle quote ereditarie.

d.     La redditività dell’azienda è fortemente condizionata da un bene immateriale. Questo aspetto contraddice in modo significativo lo sforzo che viene costantemente perseguito dalla politica agricola che ha il fine di garantire un reddito equo ottenuto dalle sole attività agricole e non da quelle di tipo finanziario.  

   xviii. La proposta del piano triennale 2023-2025 non modifica l’impianto sino ad ora perseguito, piuttosto è più che probabile un maggior rilievo degli aspetti contradditori ed iniqui.

        xix.     Il livello del PEC viene innalzato ma è sempre ad un livello più basso della produzione effettiva. Il CPR ha deciso di concedere QLPR gratuite per un 3% ca. del PEC del 2020. Una quantità ulteriore di QLPR sono concesse a prezzi “calmierati” pertanto i produttori acquisteranno QLPR che corrispondono al quantitativo di latte che hanno prodotto in più nel 2021 e per il quale hanno già pagato la contribuzione aggiuntiva per lo splafonamento. In pratica acquisteranno dal CPR una bene che già possiedono !.

   xx.  Il sistema si presenta complesso e iniquo, un terzo dei produttori pagherà la contribuzione aggiuntiva a favore dei restanti due terzi. La gestione delle QLPR è affidata al CPR che è in grado di esercitare un potere economico che va ben al di là dei compiti istituzionali previsti dallo statuto.

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