Un commento all’articolo di Daniele Cecchi “Cresce l’Università degli abbandoni” pubblicato su “lavoce.info”
La frase conclusiva dell'articolo è sconfortante. Le Università penseranno solo a fare "cassa" per sopravvivere. Molte hanno “l’acqua alla gola” e preferiranno abbassare la qualità dell’accesso pur di riempire le aule.
Nella discussione voglio però evidenziare che le modalità di questa sciagurata espansione (autonomia e riforma dei cicli 3+2) sono state elaborate da Berlinguer, e quanto succede ora era prevedibile.
Le sedi decentrare delle Università (in alcuni casi sono poi diventate Università autonome) non sono state finanziate dalle Università, quindi nel rispetto di una sana gestione economica, ma dagli enti locali. È stata in pratica l’occasione per distribuire finanziamenti locali a questa o quella impresa per ristrutturare o costruire questa o quella sede. Lo stesso è avvenuto con i docenti che sono stati assunti sulla base di finanziamenti di enti e fondazioni.
Ora il “giochino” si è rotto e gli enti pubblici non hanno soldi. Sarebbe scandaloso ripianare con soldi pubblici.
L’unica soluzione in questo stato di cose è “chiudere” sedi e bloccare il reclutamento dei docenti.
Questi provvedimenti non possono però essere fatti a pioggia, come indicato dalla legge, basterebbe usare il “buon senso”, ma questo è un bene prezioso scarso e raro nel nostro paese.
Le Università godono dell’autonomia per poter operare in tal senso se non vorranno fare vanno obbligate evitando finanziamenti che come al solito andrebbero “ai più furbi” e non certamente ai più bravi.