L’origine e
le cause della povertà delle nazioni sono: la corruzione, sia pubblica che
privata; le ingiustizie, dovute sia alla inefficienza del sistema giudiziario
sia a leggi inique; le imposte e le tasse.
Il recente
dibattito sulla proposta del Segretario del PD Letta di ripristinare la tassa
di successione per i patrimoni che ammontano a più di un milione di euro mi ha “stimolato”
in questa riflessione sulle imposte e tasse come causa della povertà di una
nazione.
La
fiscalità distingue le imposte dalle tasse. In pratica sono
sempre soldi che i cittadini devono versare allo stato o alla pubblica
amministrazione. Con i soldi che lo stato incassa con le imposte ci fa
quello che vuole. Ad esempio finanzia la costruzione di opere pubbliche, ci
paga l’istruzione, la ricerca, l’esercito ecc.. Quando si paga una tassa
invece i soldi servono per pagare un servizio specifico, cosi sono le tasse
universitarie, lo studente iscritto paga una tassa per pagare in tutto o in
parte il servizio che riceve. Sono tasse quelle che paghiamo per lo smaltimento
dei rifiuti, di esempi ce ne sono tanti.
Distinguere
le imposte dalle tasse è importante purtroppo usiamo spesso i due
termini come sinonimi.
La proposta
di Enrico Letta fa riferimento alla tassa di successione, infatti la
destinazione del gettito fiscale, derivato da tale entrata, consiste in una “dote”
di 10.000 euro per i diciottenni o almeno ad una grande maggioranza di loro. Questa
tassa avrebbe pertanto l’obiettivo di ridistribuire una certa quantità di
ricchezza sulla base del principio solidaristico previsto, in costituzione, dal
nostro sistema fiscale. Chi più ha più paga ed inoltre al fine di garantire benessere
e felicità deve operare una redistribuzione della ricchezza e ciò avviene con
un sistema complesso di leggi che possiamo genericamente definire welfare. Si
va dalle pensioni di invalidità alla cassa integrazione e via di questo passo.
È possibile
chiedersi, sulla base degli esempi fatti in precedenza, se le tasse sono
più giuste delle imposte?.
Per possedere
un certo bene ogni individuo è disposto a scambiarlo con una certa quantità di
moneta, quindi appare logico che se lo stato o un qualsiasi ente pubblico mi
fornisce un servizio specifico posso anche essere disposto a corrispondere un
certo importo. L’importo della tassa è in ogni caso fissato da norme e ha valore
coattivo, mentre nel caso di una
relazione tra individui il passaggio del bene o la fornitura di un servizio
avviene sulla base dello scambio che si basa sull’utilità che l’individuo trae
dal bene o dal servizio.
Più
difficile da digerire è l’imposta. Se vado in banca per un prestito di
100.000 euro, la prima domanda che mi fa il funzionario è: “ma con questi soldi che
cosa ci vuole fare?”. Alla domanda devo dare risposte certe, tipo i soldi mi
servono per comprare casa, oppure devo comprare un macchinario nuovo per la mia
fabbrica che mi permette di produrre meglio e a più basso costo. Se la mia
risposta è generica, ovvero: “dammi i soldi che poi ci penserò”, potete ben
immaginare la risposta del funzionario.
Lo stato quando ci chiede soldi per pagare le imposte non ha le idee molto chiare su come e dove spende i soldi, sa solo che gli servono. Ha una lista talmente lunga di impegni di spesa che li deve destinare un po' qui e un po' li ed inoltre non gli bastano mai perché più incassa e più spende.