sabato, novembre 29, 2008

Il latte crudo in vendita nei distributori deve rimanere una nicchia di mercato

Ieri sera ho fatto spesa in un supermercato Conad, ho comprato del latte fresco di “Alta qualità”. Mentre ero davanti allo scaffale mi è venuto in mente di fare un “mini” test. Ho comprato due confezioni da un litro una di latte a marchio Conad e l’altra a marchio Giglio. Le confezioni hanno la stessa data di scadenza. Il latte a marchio Conad in realtà è prodotto dalla Granarolo in quanto è indicato che il prodotto è stato confezionato nello stabilimento di Cadriano (a Cadriano per quanto ne so c’è solo la Granarolo).
Questa mattina ho fatto una specie di “analisi sensoriale”. Ho tenuto il latte delle due ditte nello stesso frigo alla stessa temperatura ecc., insomma ho fatto si che le condizioni di assaggio non venissero alterate da fattori esterni.
Devo dire che mi ha convinto di più il latte Giglio, ma si tratta di sfumature.
La grande differenza la fa il prezzo. Latte Giglio € 1,57, latte Conad 1,15. Una differenza di € 0,42, il latte Conad costa quindi quasi il 28% in meno rispetto al latte della Giglio e si avvicina alla soglia di un euro che è il prezzo del “latte crudo” venduto nei distributori di latte.
Il consumatore ha “fame” di genuinità, sceglie i prodotti alimentari che ritiene genuini, realizzati senza “manipolazioni”, quando può cerca di recarsi dal produttore. Visitare il luogo della produzione equivale ad una sorta di “certificato di origine” e ritiene che il prodotto sia stato ottenuto senza l’utilizzo di concimi, fitofarmaci, mangimi industriali, ecc.
Il consumatore ritiene che un latte “acquistato” al supermercato abbia subito chissà quali trasformazioni e quindi se compro il latte direttamente dal produttore sono sicuro della “genuinità” del latte.
È bene ricordare che il latte “fresco” subisce sostanzialmente due trattamenti, la pastorizzazione e la omogeneizzazione.
La pastorizzazione abbatte la carica batterica e ci permette di bere il latte con l’assoluta certezza che non sia veicolo di una serie innumerevole di patologie, da quelle più gravi (brucellosi, salmonellosi, ecc) a quelle più banali che ci possono provocare un mal di pancia..
L’omogeneizzazione ha lo scopo di “rompere” i globuli del grasso in modo tale che l’intero volume di latte abbia lo stesso tenore di grasso per evitare quello che normalmente si chiama “affioramento” ovvero la formazione di uno strato di panna.
Il latte pastorizzato fresco di “alta qualità” che compriamo ai supermercati è assolutamente “genuino”, anzi la pastorizzazione mi permette di mantenere praticamente inalterate le proprietà nutrizionali del latte.
Il latte “crudo” è un prodotto che presenta una serie di “rischi” alimentari tanto che la sua commercializzazione è sottoposta ad una regolamentazione specifica ed inoltre è esplicitamente dichiarato, al momento dell’acquisto, che la “bollitura” è consigliata, non obbligatoria se il latte è consumato entro le 24 ore ed inoltre è stato costantemente tenuto al fresco (max 4°).
Ora il latte crudo “bollito” ha caratteristiche alimentari decisamente inferiori al latte pastorizzato fresco di “alta qualità” perché la temperatura che si raggiunge con la bollitura provoca la “perdita” di molte di quelle sostanze che invece si mantengono inalterate con la pastorizzazione.
I punti vendita del latte crudo sono in continuo aumento sul sito http://www.milkmaps.com/ è possibile trovare la mappa dei diversi distributori di latte.
I distributori sono quindi più di 1000 e siccome un distributore per essere remunerativo deve vendere almeno 200 litri di latte ne consegue che il valore al consumo per giorno è di € 200.
Il mercato del latte crudo è quindi stimabile in ca. 75 milioni di euro all’anno.
Facendo alcune elaborazioni utilizzando i dati pubblicati dall’ISMEA nel rapporto “Il mercato del latte 2007" ho stimato che la quota di mercato del latte crudo potrebbe essere di ca. il 4%. Un dato che non è del tutto trascurabile e pertanto è più che comprensibile la “mossa” commerciale fatta dalla GDO nel vendere latte fresco pastorizzato di “alta qualità” ad € 1,15.
Questo prezzo è molto competitivo e deve far riflettere per chi intende ampliare la propria rete di distributori con investimenti di una certa rilevanza.
La riduzione del prezzo del latte alla produzione potrebbe favorire un ulteriore riduzione del prezzo del latte nella GDO, mentre al contrario il produttore ha costi fissi che difficilmente potrà ridurre.
Attenzione quindi. Vendere il latte crudo può rappresentare per il produttore una interessante fonte di “integrazione” al reddito, ma è bene tener presente che difficilmente potrà diventare la fonte di reddito “principale” della propria attività.

1 commento:

cesarez ha detto...

Non posso che concordare con la osservazione fatta che si sforza di analizzare i termini di applicabilità del consumo di latte crudo veduto direttamente dalle aziende agricole. Ritengo che il valore delle iniziative di promozione dei mercati locali: (km zero, acquisti diretti in azienda, mercati contadini, agricoltura sostenuta dalla comunità , gruppi di acquisto locale etc,,) siano positivi ed infleunzino la sostenibilità e la equità in due modi diversi. Uno diretto in quanto permettono una integrazione al reddito spesso non trascurabile per i produttori o primi trasformatori; la seconda, che io ritengo più rilevante almeno nel medio-lungo periodo, è la promozione di una cultura alimentare attenta alle istanze di sicurezza alimentare, promozione di consumi sostenibili, valorizzaizone delle culture e delle colture locali etc.. . Il peso di questo approccio "locale" all'agricoltura, come quello di altre tipologie di mercati e produzioni eticamente orientate (commercio equo e solidale, biologico, fianza etica) sta crescendo in modo rilevante, trovando riscontri sempre maggiori da parte dei consumatori. Sarebbe velleitario immaginare una totale ed immediata conversione dei sistemi produttivi e distributivi verso nuovi modelli agricoli; è però altrettanto gravemente miope non accorgersi che le tendenze in atto esprimono una necessità reale di riconversione del nostro modello verso soluzioni più sostenibili; l'eccesso di realismo si traduce a volte in conservatorismo più o meno consapevole. A mio parere affrontare in modo rigoroso questi temi con la volontà di trovare una soluzione "fattibile" è doveroso. Se non ricordo male l'uomo è riuscito ad andare sulla Luna dopo circa dieci anni dalla prima messa in orbita di un satellite. Uno sforzo ed un risultato nati dall'entusiasmo e dalla volontà di supremazia politica; possibile che rispetto ad un obiettivo un poco più importante quale la sopravvivenza della nostra specie si sia così tiepidi e prudenti? Forse siamo ancora più attratti da un modello di "crescita" che di "sostenibilità" probabilmente frutto di un percorso evolutivo caratterizzato dalla spinta a sopperire alla scarsità; cosa che il progresso tecnico ha contribuito a combattere efficacemente.